Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge non mira alla promulgazione di una legge delega, ma di una legge quadro che disciplini compiutamente la materia, rinviando a norme regolamentari l'attuazione della legge stessa: questo è ritenuto indispensabile per garantire la più ampia partecipazione dei soggetti interessati alla formazione della nuova normativa.
      Le libere professioni, per le loro caratteristiche di autoimprenditorialità, capacità di espansione e valenza produttiva e occupazionale, rappresentano un punto di riferimento irrinunciabile del nostro sistema economico e sociale.
      In controtendenza rispetto a quanti auspicano la sostituzione degli studi professionali con «società di servizi», per dare spazio a un mercato non regolamentato, affermiamo che si manifesta, sempre più forte, l'esigenza di eticità e sicurezza per i cittadini e per le imprese che si avvalgono dei servizi dei professionisti.
      È errato, infatti, ritenere che la regolamentazione delle professioni costituisca un relitto del passato, un privilegio di

 

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casta estraneo ai princìpi democratici e alle necessità della società futura. Gli attuali ordini professionali non discendono affatto dalle corporazioni medioevali.
      In Italia, gli ordini professionali risalgono al periodo liberale, quando vennero istituiti gli albi degli avvocati (1874), dei notai (1879) e, successivamente, dei ragionieri (1906), dei sanitari (1910), degli ingegneri e architetti (1923).
      Gli ordini più recenti sono stati istituiti nel periodo repubblicano. La normativa fondamentale è costituita tuttora dal decreto legislativo luogotenenziale 23 novembre 1944, n. 382, che riorganizza su basi democratiche gli ordini e i collegi professionali, per cui gli organi di vertice sono esponenziali del corpo professionale e liberamente eletti dall'assemblea degli iscritti. La Costituzione repubblicana ha riconosciuto l'importanza sociale delle libere professioni, prescrivendo l'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione (articolo 33) e, più in generale, affermando il principio della tutela del lavoro in tutte le sue forme (articolo 35).
      Con lo sviluppo della legislazione comunitaria si apre l'attuale fase di integrazione dei mercati che coinvolge anche le professioni: il Trattato istitutivo della Comunità europea che afferma il diritto di stabilimento e la libera circolazione dei servizi, la direttiva 89/48/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, sui criteri per il reciproco riconoscimento dei titoli di studio superiori, e la direttiva 92/51/CEE del Consiglio, del 18 giugno 1992, sulla libertà di esercizio delle professioni in generale.
      Dalla legislazione comunitaria non deriva affatto la necessità di deregolarizzazione delle professioni intellettuali, di abolizione di ordini, tariffe, controlli all'accesso.
      Inoltre, da un esame comparatistico della legislazione europea, non si evince l'esistenza di un modello unitario contrapposto al nostro, ma solo il permanere, soprattutto in Inghilterra, di tradizioni diverse in alcuni ambiti di attività.
      In particolare, i professionisti anglosassoni sono iscritti ad associazioni private ristrettissime, caratterizzate da una esasperata selezione, senza possibilità di ingresso per chiunque abbia fatto lo stesso corso di formazione: l'ingresso nell'associazione, per l'aspirante professionista, dipende esclusivamente da una decisione discrezionale, basata su presupposti quali la conoscenza personale, il censo o altro, che danno vita a veri e propri «privilegi».
      Ricordiamo, inoltre, il criterio seguito in altri Paesi europei sul tema delle società professionali: in Germania, di recente, è stata emanata una legge che consente anche agli avvocati di esercitare la professione forense in forma societaria sotto diverse forme, tra le quali la società a responsabilità limitata. Per queste società tra avvocati sono esclusi i soci di mero capitale. In Francia vi sono diverse forme societarie che consentono comunque ai professionisti esercenti la loro attività all'interno della stessa società di detenere la maggioranza del capitale sociale. Però, per ciascuna professione il Consiglio di Stato ha la facoltà di limitare o interdire del tutto il possesso di quote o azioni a determinate categorie di persone fisiche o giuridiche quando la loro partecipazione potrebbe mettere in pericolo l'indipendenza e il rispetto delle regole deontologiche.
      Quindi, in entrambi gli altri ordinamenti-guida del diritto continentale europeo si è marcata l'attenzione alla tutela dei profili pubblicistici delle professioni, con l'introduzione di precisi limiti tendenti a impedire derive mercantilistiche nell'esercizio dell'opera professionale. C'è insomma una certa tendenza a distinguere tra forma organizzativa e modus operandi: da un lato si riconosce l'opportunità di consentire agli studi professionali l'adozione di modelli organizzativi idonei a riunire forze e competenze plurime o diverse per meglio rispondere alla domanda della committenza e affrontare la competizione globale; dall'altro, si ribadisce che l'adozione di un modello organizzativo di origine mercantile non deve snaturare le caratteristiche di «esperto indipendente e autonomo nelle proprie scelte
 

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tecniche», che è tratto tipico del professionista intellettuale.
      Anche la legge 21 dicembre 1999, n. 526 (legge comunitaria 1999), che, nel prevedere l'attuazione della direttiva 98/5/CE in materia di esercizio della professione di avvocato, consente la pratica della professione sotto forma societaria, ma unicamente come società tra professionisti iscritti all'ordine, muove nella stessa direzione.
      Proprio partendo dalle esigenze poste dall'unificazione dei mercati dei servizi nel territorio dell'Unione europea, sono sorti vivaci contrasti sulla base delle presunte antinomie tra la libertà di stabilimento e circolazione e i limiti di ordine pubblico posti dalle leggi nazionali. Nei pareri espressi da parte dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato e in talune passate proposte di legge si era inteso risolvere tali antinomie, solo all'apparenza inconciliabili, con la mera assimilazione della prestazione professionale al prodotto dell'impresa di servizi. Da tale postulato, che confonde il modello organizzativo con la natura della prestazione fornita dal soggetto organizzato, possono derivare gravi conseguenze negative per tutta la collettività e per la tutela del pubblico interesse, che con la presente proposta di legge, invece, si intende garantire.
      In particolare, la posizione dell'Autorità antitrust italiana non solo è errata, travisando o perfino ignorando talune recenti direttive europee (vedi per tutte la n. 36 Zappalà), ma è anche dannosa e pericolosa rispetto ai propri obiettivi istituzionali: se la soppressione degli ordini e delle tariffe, così come appare, avesse per conseguenza, se non per obiettivo finale, il passaggio della titolarità dei servizi professionali in capo a «chiunque», e quindi anche alle grandi imprese, come da anni richiesto da Confindustria, banche ed altri, riducendo i professionisti a bracciantato intellettuale di queste ultime, si realizzerebbe una nefasta concentrazione dei servizi professionali in capo a pochi, un vero e proprio oligopolio che da un lato porterebbe alla distruzione del tessuto professionale italiano (caratterizzato da grande qualità e dal rispetto della deontologia) e dall'altro si ritorcerebbe a danno del consumatore.
      Il principio che vogliamo salvaguardare è il diritto del cittadino e delle imprese di «scegliere» soggetto professionale sul mercato, con la garanzia però che la prestazione professionale provenga da chi ha seguito la formazione universitaria prevista dalla normativa vigente e un tirocinio professionalizzante, o comunque superato l'esame di Stato previsto dall'articolo 33 della Costituzione, e sia tenuto a doveri di indipendenza, lealtà e correttezza che ogni ordine professionale deve impegnarsi garantire sempre più, assicurando al cittadino la tutela verso il professionista infedele.
      In sintesi: l'offerta dei professionisti sul mercato italiano oggi non solo esiste, ma è amplissima (si pensi che solo gli avvocati sono quasi 170.000), perciò la concorrenza, in concreto, esiste già. Ma la concorrenza non è un bene assoluto, e ha le sue patologie, che l'ordinamento deve prevenire. Per le professioni intellettuali, quindi, il cui oggetto investe in genere beni primari o perfino costituzionalmente protetti, come la libertà o la salute, il «pubblico interesse» da porsi a garanzia cittadini è che la concorrenza in ambito professionale si svolga tra soggetti all'altezza del compito loro richiesto; perciò prima va garantita la formazione obbligatoria, la qualità e l'aggiornamento permanente, poi viene il mercato.
      Tale è infatti il criterio del «pubblico interesse» tenuto in considerazione nelle decisioni della Corte di giustizia europea, con una ponderazione della libertà di circolazione dei servizi con gli interessi contingenti perseguiti dalle norme nazionali limitative. È bene ricordare che secondo la Corte di giustizia il principio economico del mercato unico subisce «eccezioni» quando le norme nazionali perseguono «interessi pubblici» che l'ordinamento comunitario riconosce prevalenti (vedi sentenze Sager, 1990; Gebhard, 1995; Alpine Investments, 1995).
 

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      Il Parlamento europeo, il 5 aprile 2001, ha adottato una significativa risoluzione (B5-0247/2001) «sulla legittimità delle tariffe di alcune libere professioni, in particolare per gli avvocati, e sulla particolarità del ruolo e della posizione delle libere professioni nella società moderna», dichiarando quanto segue:

          «le libere professioni rappresentano uno dei pilastri del pluralismo e dell'indipendenza all'interno della società ed assolvono a ruoli di pubblico interesse»;

          «le regole che sono necessarie, nel contesto specifico di ciascuna professione, per assicurare l'imparzialità, la competenza, l'integrità e la responsabilità dei membri della professione stessa, o per impedire conflitti d'interesse e forme di pubblicità ingannevole, e che non ostacolano peraltro la libera circolazione dei servizi, non sono considerate restrizioni del gioco della concorrenza ai sensi dell'articolo 81, paragrafo 1, del Trattato»;

          «le libere professioni siano l'espressione di un ordinamento fondamentale democratico basato sul diritto e, più specificamente, rappresentino un elemento essenziale delle società e delle collettività europee nelle loro varie forme»;

          «l'importanza delle norme, in conformità con i dettami degli articoli 81 e 82 del Trattato, che sono stabilite dalle categorie professionali, sotto la loro responsabilità, al fine di garantire la qualità dei servizi, di fissare specifici standard di valore, di assicurare l'osservanza delle norme stesse secondo i canoni della professionalità e di tener conto anche dell'etica professionale».

      Il Parlamento europeo ritiene quindi che:

          la legislazione nazionale debba considerare «gli elevati requisiti richiesti per l'esercizio delle libere professioni, la necessità di salvaguardare quelli che distinguono tali professioni a beneficio dei cittadini europei e la necessità di instaurare tra i liberi professionisti e i loro clienti un rapporto specifico fondato sulla fiducia»;

          «si debbano rispettare, applicando il principio della sussidiarietà, le diversità che hanno le loro radici nella cultura, nella storia giuridica, nella sociologia e nell'etnologia delle varie categorie professionali degli Stati membri»;

          «che gli Stati membri siano autorizzati a stabilire tariffe obbligatorie tenendo conto dell'interesse generale (e non solo di quello della professione) e a salvaguardare gli elevati livelli morali, etici e di qualità»;

          «che l'obiettivo di promuovere la concorrenza nelle professioni vada conciliato, in ciascun caso, con quello di mantenere norme puramente etiche specifiche per ciascuna professione».

      Pertanto non è corretto affermare che il diritto comunitario imponga di smantellare le discipline nazionali sulle professioni. Le pressioni verso una deregolarizzazione derivano piuttosto da una falsa rappresentazione della realtà del mercato, generate dall'asimmetria tra domanda e offerta nell'occupazione giovanile e dalla crisi nei settori della produzione industriale, che si vorrebbe compensare con l'espansione del capitale finanziario nel terziario, soprattutto nel settore dei servizi professionali. Rispetto a ciò, l'indiscriminato aumento del numero dei professionisti è in realtà funzionale all'idea di ridurre i costi della committenza disponendo di un'ampia sacca di manodopera intellettuale a basso costo, cui affidare il lavoro considerato routinario. Tale idea è malsana: nella moderna società dell'informazione il sapere intellettuale ha comunque un costo elevato, necessitando di aggiornamento e formazione continua, e chi non può sostenerlo non solo è fuori dal mercato, ma è un pericolo per chi ci si affida.
      Chi vaticina la liberalizzazione selvaggia delle professioni intellettuali omette poi di considerare che tali professioni rappresentano un rilevante fattore di democratizzazione e di modernizzazione,

 

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come accreditato dai più recenti studi sul settore: ad esempio, assicurano la mobilità sociale, sulla base del merito, invece che sulla base della nascita, della classe di appartenenza e della fortuna; sono state il primo ambiente di lavoro che ha introdotto l'eguaglianza tra i sessi; sono un ambito aperto e in espansione, tanto che gli addetti si moltiplicano ogni anno e il fatturato è pari al 7 per cento del prodotto interno lordo nazionale. Dagli ultimi rapporti del CENSIS risultano iscritti agli albi più di 1,8 milioni di professionisti, cui ne vanno aggiunti 500.000 appartamenti all'area sanitaria non medica, grazie all'istituzione, con la legge n. 43 del 2006, di nuovi albi e ordini delle professioni sanitarie, per un totale di 2,3 milioni.
      Certamente, in questo insieme esistono problematiche differenti poste dalle professioni a disciplina ordinistica, da quelle semplicemente riconosciute e, infine, da quelle professioni emergenti che aspirano ad una regolamentazione.
      La presente proposta di legge intende adeguare l'ordinamento delle libere professioni alle necessità della odierna società in Europa, anche consentendo la costituzione di società fra professionisti, secondo il principio dell'autodeterminazione, lasciando agli operatori la scelta di costituire associazioni temporanee, società tra professionisti su base personale o di capitale. Inoltre la presente proposta intende rinnovare gli Ordini rendendoli più trasparenti, democratici, aperti ai giovani e alle nuove esigenze dei professionisti e dei cittadini.
      Adeguamento che va previsto salvaguardando sia le funzioni di interesse generale, sia le attribuzioni di interesse pubblico proprie di alcune di esse, la tutela degli interessi del cliente, da realizzare in modo più efficace anche in considerazione della normativa comunitaria. La riforma rispetta le caratteristiche essenziali delle attività professionali che hanno natura intellettuale, anziché meramente tecnica, e pertanto si distinguono da altri servizi per il contenuto creativo e inventivo fondato sulla detenzione «del sapere e della conoscenza specializzati». Il rapporto professionale è di tipo fiduciario e personale (affidamento all'intuitus personae), comporta la diretta responsabilità del prestatore di opera intellettuale, anche quando il mandato è assunto in forma collettiva, e presuppone l'assoluta indipendenza del professionista, che deve agire secondo scienza e coscienza.
      La tutela del cliente del professionista assume aspetti più intensi e problematici rispetto al consumatore o all'utente di un servizio tecnico: la garanzia deve avvenire non solo sulla quantità, ma particolarmente sull'accertata qualità della prestazione. E deve esservi innanzitutto una verifica della capacità del professionista di esercitare la professione: in nessun altro modo si potrebbe garantire il cittadino dal rischio di prestazioni inadeguate, in quanto, trattandosi di obbligazione di mezzi e non di risultato, gli esiti - e gli eventuali danni sociali nel caso di prestazioni fornite da un professionista non qualificato - non sono immediatamente valutabili dall'interessato.
      Non si è ritenuto di accogliere la tesi di chi vorrebbe abbandonare alla sola legge del mercato, consentendo a chiunque lo svolgimento dell'attività professionale, l'accesso alle professioni, la pubblicità, il compenso delle prestazioni. In effetti, l'attività del libero professionista, per il grado particolare di preparazione richiesto e per la fiduciarietà dell'incarico su cui fa affidamento il cliente e, soprattutto, per il valore degli interessi tutelati, non è riconducibile alla prestazione anonima di servizi commerciali né all'attività imprenditoriale. Il superamento della concezione dialettica fra capitale, impresa e lavoro non comporta l'assimilazione di ogni fattore a un'unica dimensione del mercato.
      Per tali ragioni l'articolo 1 chiarisce che si è inteso offrire una legge quadro in attuazione degli articoli 35 e 117 della Costituzione.
      L'articolo 2 chiarisce inequivocabilmente che l'attività professionale è distinta dall'attività d'impresa: la specificità rispetto all'attività d'impresa commerciale è indicata nel rispetto di norme deontologiche, nell'indipendenza e nella diretta o comunque concorrente responsabilità del
 

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professionista che ha compiuto l'albo professionale. Il comma 2 sancisce che la costituzione di nuove professioni e attività riservate è compito della legge dello Stato. In questo modo la legge si conforma alle pronunce costituzionali che si sono espresse in tale senso.
      L'articolo 3 qualifica gli Ordini professionali come enti pubblici non economici e riconosce loro autonomia statutaria e regolamentare nei confronti delle rispettive categorie. Peraltro, i rapporti di lavoro dei dipendenti sono esclusi dalla normativa dei comparti del pubblico impiego e vengono invece regolati da contrattazioni specifiche e da disposizioni di legge.
      L'obbligatorietà dell'iscrizione e la rappresentatività degli appartenenti conferiscono agli Ordini professionali prerogative di diritto pubblico. Particolarmente ampia, poi, è la loro funzione normativa, che riguarda non solo la tenuta e l'aggiornamento degli albi, ma altresì la verifica dei requisiti per l'iscrizione e il controllo della permanenza degli stessi, la deontologia e il procedimento disciplinare, la regolamentazione della pubblicità e la misura degli oneri associativi destinati all'organizzazione e al funzionamento degli organi rappresentativi. Obiettivo della proposta di legge è anche la salvaguardia degli Ordini attualmente esistenti, mentre l'introduzione di nuovi Ordini è subordinata alla verifica di determinati requisiti, quali la tutela di interessi costituzionalmente rilevanti, la necessità di salvaguardare l'utente dai rischi derivanti da una condizione di asimmetria informativa o l'entità dei danni sociali derivanti da prestazioni non adeguate.
      Uno dei princìpi che caratterizza le libere professioni, non solo in Italia, ma anche, nonostante alcune differenze specifiche, negli altri Paesi europei, è l'esistenza di attività riservate in esclusiva a soggetti di cui è stata verificata la professionalità. Di conseguenza, si conferma che è compito della legge di stabilire le attività riservate in esclusiva agli iscritti agli albi. Si è evitato, comunque, di fare ricorso a formule che sarebbero state limitative, ovvero di circoscrivere nelle attività regolamentate quelle connesse con interessi costituzionali, in quanto vi sono numerosi interessi di grande rilevanza sociale (come quelli dell'ambiente, della sicurezza sul luogo di lavoro, degli impianti, delle abitazioni eccetera) che non possono essere ignorati.
      All'articolo 4, per le professioni attualmente non organizzate in Ordini, è riconosciuta la possibilità di costituire libere associazioni, per la tutela della qualità della prestazione fornita.
      L'accesso alla professione è uno dei punti ove più si avverte la tensione fra la richiesta di lavoro e la richiesta di qualità professionale. Alle misure per agevolare e rendere più imparziale l'accesso dei giovani alla professione è dedicato l'articolo 5, che prevede corsi di formazione, organizzati dagli Ordini professionali d'intesa con le università, e forme alternative al tirocinio ordinario anche in concomitanza con gli studi universitari. La formazione e l'aggiornamento dei professionisti sono esigenze importantissime in una società dinamica in cui il sapere assume forme sempre più complesse e mutevoli. Per questo si è pensato che gli Ordini possano promuovere la costituzione di fondazioni finalizzate alla formazione dei professionisti.
      L'articolo 6 affronta l'importante problema delle tariffe. Il compenso spettante al professionista è fissato con determinazione consensuale fra le parti. In caso di mancata determinazione consensuale del compenso, si applicano tariffe professionali stabilite con decreto del Ministro della giustizia, su proposta dei rispettivi consigli nazionali.
      Sulla materia la nota sentenza della Corte di giustizia, del 18 giugno 1998, sugli spedizionieri doganali aveva creato alcuni problemi interpretativi. Riteniamo che la medesima vada valutata nei termini posti dal caso esaminato senza giungere a conclusioni ultronee rispetto alla portata della sentenza, la quale non autorizza affatto a concludere che nessuna tariffa possa più essere prevista, soprattutto quando si tratta della soglia minima a garanzia del cittadino-utente. Inoltre, nei casi di prestazioni
 

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slegate dall'obbligo di assicurare il risultato (ad esempio prestazioni mediche, legali, progettazione eccetera) le tariffe minime svolgono la funzione di impedire che i prezzi scendano a livelli condizionati da operatori non qualificati e pertanto disponibili ad accettare corrispettivi inadeguati, non remunerativi per chi abbia invece sostenuto l'iter formativo previsto dalla legge.
      Come ha chiaramente riconosciuto il Parlamento europeo nella citata risoluzione del 5 aprile 2001, «la giurisprudenza della Corte di giustizia non impedisce agli Stati membri di stabilire tariffe obbligatorie poiché "gli articoli 81 e 82 del Trattato riguardano soltanto comportamenti anticoncorrenziali adottati dalle imprese di loro propria iniziativa"» e quindi «solo le tariffe obbligatorie stabilite da organismi o associazioni professionali (...) possono essere considerate quali decisioni di associazioni di imprese sottoposte alla libera concorrenza». Le tariffe non possono più essere espressione delle organizzazioni degli stessi professionisti. Quindi, secondo l'articolo 6 della proposta di legge, le tariffe sono fissate con decreto del Ministro della giustizia, su proposta dei consigli nazionali e previo parere del Consiglio di Stato. Sempre a tutela del cliente è stabilito il suo diritto alla preventiva informazione in ordine alla complessità e onerosità della prestazione.
      La pubblicità professionale, secondo l'articolo 7, non è concepita in termini di liceità indiscriminata secondo modalità di tipo commerciale. Deve essere invece di tipo essenzialmente informativo, mentre viene esclusa ogni forma comparativa o non adeguata al decoro professionale.
      L'articolo 8 obbliga tutti i professionisti a stipulare una assicurazione per i rischi derivanti dallo svolgimento delle loro attività economiche.
      Con l'articolo 9 si è inteso estendere ai professionisti - come si è più volte chiesto inutilmente con emendamenti alle leggi finanziarie degli anni passati - le agevolazioni e gli incentivi stabiliti per altre attività.
      I capi II, III, IV e V sono dedicati alla disciplina della associazione temporanea e delle società tra professionisti.
      L'attività professionale può essere svolta in forma individuale, associativa o a mezzo di società tra professionisti. Si sono previsti diversi modelli organizzativi per meglio adattarsi alle diverse realtà, sempre però mantenendo il principio dell'esclusione del socio di puro capitale onde assicurare l'autonomia dell'agire professionale. Possono quindi essere soci unicamente persone fisiche che, già al momento della sottoscrizione delle quote sociali, siano in possesso dei requisiti previsti di abilitazione e di iscrizione all'albo. Non sono ammessi soggetti estranei alla professione ovvero soci capitalisti che possano compromettere la trasparenza o condizionare la libera attività su cui devono poter fare affidamento i cittadini. Sono ammesse società multiprofessionali.
      Sono indicate delle incompatibilità in funzione della trasparenza e della correttezza. Le società si costituiscono per atto pubblico e possono esercitare l'attività solo dopo la loro iscrizione in appositi registri allegati agli albi. Con questa prescrizione si è voluto assoggettare le società stesse alla disciplina degli Ordini e, quindi, alla vigilanza deontologica e disciplinare.
      Le società si articolano su due modelli principali: la società semplice tra professionisti (STP), a base personale, e la società professionale a responsabilità limitata (SPRL), a base capitalistica e destinata a organizzazioni più strutturate. L'amministrazione della STP è sempre affidata ai soci, mentre nella SPRL lo statuto può stabilire che sia amministrata anche da non soci, purché professionisti. Entrambe le società sono escluse dalle procedure concorsuali. In entrambe, la responsabilità professionale della società concorre con quella del professionista che ha eseguite l'atto professionale, sia pure con titolo diverso, ma con garanzie analoghe per il committente. La possibilità per quest'ultimo di individuare specificamente i singoli professionisti responsabili dell'incarico rende più trasparente e consapevole la relazione professionale.
 

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      Fortemente innovativa è la previsione di copertura assicurativa obbligatoria.
      Di rilievo è la disposizione per cui le quote delle SPRL sono normalmente cedibili per atti tra vivi salvo eventuali limiti o clausole di gradimento poste dallo statuto, e la disciplina sul pegno e il sequestro delle stesse.
      Alcune disposizioni in materia tributaria e contributiva sono volte a razionalizzare una materia già troppo onerosa per i professionisti.
      Poiché per tutte le professioni sono previste forme di previdenza obbligatoria, l'articolo 15 prevede l'adeguamento ai fini previdenziali, sotto il profilo degli obblighi e dei diritti, del socio professionista. Per la tassazione della STP, trattandosi di società a base personale che ha per oggetto esclusivo l'esercizio di attività professionali, ne consegue logicamente il richiamo alle norme di determinazione del reddito derivante dall'esercizio di arti e professioni contenute nell'articolo 54 del testo unico delle imposte dirette, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. Per la SPRL, in coerenza con la sua struttura, si è scelto per la tassazione un criterio diverso, più vicino a quello delle società di capitali, con un'imposta fissa del 30 per cento sugli utili.
      Il capo VI delinea la struttura e le funzioni degli organi degli Ordini professionali articolati su due livelli territoriali: uno nazionale e uno locale, in rispondenza con le diverse esigenze degli Ordini e delle comunità.
      In particolare, al fine di adeguare alle nuove esigenze gli Ordini ancora organizzati a livello locale, sono previsti dei coordinamenti regionali.
      Vengono specificate le materie attribuite alla funzione regolamentare dei consigli nazionali. L'esigenza di dare un quadro organizzativo uniforme è contemperata dal riconoscimento di speciali autonomie ai consigli locali.
      Il capo VII delinea le assemblee generali e locali.
      Alla nuova regolamentazione della funzione disciplinare è dedicato il capo VIII. Essa è attribuita ad appositi organi, denominati consigli di disciplina. Il procedimento disciplinare deve garantire all'incolpato la difesa tecnica con la nomina di un difensore avvocato o collega del proprio ordine professionale; la possibilità di prendere cognizione ed estrarre copia dei documenti che formano il fascicolo; la possibilità di far pervenire memorie e di intervenire personalmente all'udienza per essere sentito dalla commissione. Sono stabilite tassativamente le sanzioni previste.
      Il controllo sugli atti degli Ordini, disciplinato all'articolo 63, è affidato al Ministro della giustizia. L'articolo 68 prevede lo scioglimento dei consigli territoriali per gravi motivi, con la nomina di un commissario ad acta.
      Il capo IX reca norme transitorie per la prima elezione degli organi statutari e risponde alla necessità di assicurare il rinnovo degli organismi con metodi assolutamente democratici e trasparenti. Infatti è previsto che lo statuto degli Ordini professionali, ai sensi del comma 2 dell'articolo 2, venga sottoposto all'approvazione degli iscritti mediante un'assemblea congressuale, composta dai delegati di ciascun Ordine territoriale in rapporto proporzionale con il numero degli iscritti. Detto statuto è trasmesso al Ministro della giustizia che, previa verifica di legittimità, lo adotta con proprio decreto. Entro un anno devono essere indette le elezioni dei nuovi organi statutari.
      Le norme finali stabiliscono che la legge si applica a tutti gli Ordini ed i collegi professionali e che entro un anno dalla data della sua entrata in vigore il Governo deve emanare i regolamenti attuativi ai sensi della legge n. 400 del 1988.
 

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